Ormai la mia passione per il fantasy (e per l’EMDR) è cosa nota. Ma al di là di un gusto personale, penso che questo genere ben si presti a narrare le magie che il nostro sistema (cuore, mente e corpo) opera, soprattutto in condizioni di emergenza.
Una premessa, anzi due.
La prima: tutti noi siamo fatti di parti, siamo diversi a seconda delle situazioni, dei contesti in cui ci troviamo. Io sono diversa quando lavoro con le persone, rispetto a quando faccio le coccole al mio cane o sono al mare. Sono sempre io, c’è una coerenza della rappresentazione di me stessa e fa parte della normalità delle cose.
Seconda: tutti noi sperimentiamo dei momenti di dissociazione. Momenti nei quali c’è una disconnessione del pensiero, della memoria e della coerenza di noi. Un episodi quotidiano in cui questo fenomeno si verifica è ad esempio la guida, o quando siamo su un mezzo pubblico: avete presente quando rincasiamo, o percorriamo una strada conosciuta e non ricordiamo nel dettaglio chi abbiamo incontrato lungo il tragitto o cosa abbiamo notato? Un’altra situazione tipica (anche se qua serve un po’ di sforzo purtroppo per ricordarcelo), è quando siamo a teatro o al cinema, o anche quando stiamo leggendo un libro particolarmente avvincente: dimentichiamo dove siamo, le poltroncine della sala, le cose che fino a quel momento hanno attraversato la nostra mente (la spesa, il lavoro, la telefonata della zia) o dove siamo appoggiati, e ci immergiamo nella storia narrata e nella fantasia.
Ricapitoliamo: le due premesse, abbiamo detto, fanno riferimento alla normalità delle cose, ad un sistema che si adatta a situazioni “ordinarie”.
Ma cosa succede quando, nel nostro sviluppo, sperimentiamo dei traumi? Se il nostro sistema valuta che l’esperienza che stiamo vivendo, sia al di fuori delle capacità di coping e di resilienza a disposizione dell’individuo, inibisce i processi biochimici volti all’elaborazione e li mette in stand by, fino al momento in cui la persona disporrà delle risorse per poter gestire e metabolizzare questa esperienza. Perché? Perché valuta che il materiale contenuto nell’esperienza potrebbe sopraffarre il sistema stesso, sarebbe troppo.
Ok, e quindi, cosa c’entrano Harry Potter e Voldemort e gli horcrux?
Ci arriviamo. Per ragioni di tempo e obiettivo (anche se mi piacerebbe moltissimo), non ripercorro la storia del mago di Grifondoro più famoso dal 1997 ad ora. Ma wikipedia può aiutare coloro che non conoscono la trama di Harry Potter : https://it.wikipedia.org/wiki/Harry_Potter .
Ci focalizziamo su un aspetto specifico: il Cattivo di Harry Potter, Lord Voldemort, per potersi garantire l’immortalità, nasconde in sette oggetti (cinque oggetti + Nagini, il suo serpente, + Harry Potter, per l’esattezza) sette frammenti della propria anima: gli horcrux.
In un modo analogo, per poter sopravvivere, il nostro sistema può enucleare le esperienze traumatiche al di fuori della nostra coscienza: avremo quindi una parte, immaginatevela come una bolla, che racchiude tutti i pensieri, le emozioni e le sensazioni che hanno a che fare con quel trauma.
Una bolla sospesa nel tempo, ma che mantiene in sé, inalterati, tutti i frammenti di quella esperienza.
La differenza fra noi e Voldemort, oltre a poter parlare in serpentese chiaramente, sta nel fatto che il Mago Oscuro divide volontariamente la sua anima in frammenti. Noi invece non lo scegliamo, è una risposta estrema di sopravvivenza.
Questo cosa implica? Che, se è vero che questa operazione ci ha protetti da piccoli dall’essere sopraffatti o annichiliti da quanto successo, nel presente, questo può essere un ostacolo rispetto al nostro stare bene.
Perché queste parti non sanno che siamo nel 2020 (quasi 2021), non sanno quanta strada abbiamo fatto, che quelle esperienze sono accadute e terminate: queste parti continuano a vivere nel passato. E non sono connesse con le altre parti di noi: sentono, pensano, esperiscono in modo staccato da noi.
Questo determina proprio quelle caratteristiche della dissociazione che abbiamo elencato prima: una disconnessione del pensiero, della memoria e della coerenza di noi.
E quindi? Sono Ron ed Hermione a spiegarci cosa si può fare:
Ron Weasley: «E non c’è modo di rimettersi insieme?»
Hermione Granger: «Sì. Devi avere la piena consapevolezza di quello che hai fatto».
Direte: “Ok, è fatta: so cosa è capitato, ne sono consapevole, a posto. E quindi perché continuo ad avere gli attacchi di panico? O mal di pancia? O a non dormire? Perché continuo a sentirmi non amabile, o non in controllo, o non abbastanza? (E qua scattano i vari “Mi autosaboto, sono un manipolatore, sono il peggior nemico di me stesso, sono anti Darwin” e via dicendo, di cui ho parlato in un altro articolo: https://www.eleonorabianchi.it/casi-clinici/parliamo-di-motivazione-comportamenti-autosabotanti-e-manipolatori/)
Perché non è così semplice. Perché la vostra parte del 2020 (quasi 2021), la vostra parte di autoterapeuta, è consapevole di alcune cose, ma non essendo connessa con le altre parti, ha una consapevolezza ridotta, magari soprattutto mentale, per cui sa alcune cose, ma non le sente, nel corpo, nel cuore.
E per questo, l’EMDR, nel lavoro in psicoterapia con il trauma, può essere così importante, perché aiuta a ripristinare la piena consapevolezza fra le parti.
Ci vuole tempo, pazienza, fatica, tanta, fiducia e speranza.
Ma siamo qua per questo.